Pietro Picucci protagonista dell’incontro inserito nell’itinerario culturale “Percorsi in Biblioteca” frutto del connubio Lions club Larino e Comune frentano. Dopo i saluti del Presidente del Lions club Larino e l’Assessore alla cultura del Comune frentano Iolanda Giusti, ha preso corpo l’evento, moderato da Graziella Vizzarri, contrassegnato dalla pienezza di un uomo, una personalità quella del dottor Pietro Picucci che travalica ogni subordinazione arrivando dritto al cuore. Un’umanità la sua, che tocca le corde più implicite dell’animo, persona di grande spessore. Il dottor Picucci, noto chirurgo dell’area frentana, sempre a servizio della comunità ha negli ultimi anni dato voce alle proprie emozioni con versi di poesie che si rivelano impregnati di un vissuto collettivo. A dare inizio alla presentazione, delle ultime due opere del poeta Picucci ”L’angevolo” e “La mossa del cavallo”, è stata una sua poesia “amica nebbia” proclamata dal poeta Enzo Bacca, conducendo i presenti nell’ascolto attivo e riflessivo.
Enzo Bacca, ha presentato il poeta Pietro Picucci, per tutti “Pierino”, riportando ai presenti stralci della prefazione dell’opera “L’angevolo” a sua firma. «Corre sulla punta del bisturi questa nuova silloge di Pietro Picuccci. Sono corpi, sono cemento, sono aquiloni, frammenti di vissuto, impastati dall’emozione che solo la poesia, quella d’impeto, fatta di suggestioni e antiche movenze dell’uomo nei confronti della natura, può dare. La relazione con la terra, la madre terra, che ha radici profonde nelle vene del poeta-chirurgo e si estrinseca attraverso versi a volte duri a volte dolci, esistenziali, evocativi del dubbio nella certezza che i piedi sono sempre e ancora ben saldi nel solco origine».
Il professor Mario Moccia, persona di spicco degli ambienti culturali, distinto nel suo essere punto di riferimento, pedagoga di tante generazioni dell’area frentana, ha condiviso con i presenti una interpretazione peculiare della silloge del poeta Picucci, narrando sprazzi di riflessioni ed evocativi di tempi andati, che hanno segnato la gioventù dei protagonisti, restituiti in versi alla società attuale. «Siamo figli di una grande transizione epocale e non sempre riusciamo a trovare i necessari punti di riferimento – riporta Moccia – abbiamo lasciato alle spalle una cultura che si rifaceva alla millenaria civiltà contadina, tipica di una società che, attraverso una continua elaborazione di progetti di vita, aveva messo a punto schemi e strutture avvalorate dalla tradizione e sperimentazione di esiti universalmente riconosciuti come positivi…il cambiamento è stato radicale ed è avvenuto in tempi brevi… oggi brancoliamo alla ricerca disperata di sicurezze che non riusciamo a identificare… In un mondo in preda all’ansia, Pierino ha sentito urgente la necessità di analizzare il proprio animi nel tentativo di capire innanzitutto i termini dei problemi affrontati e poi di superarli in qualche modo, ma, nella sua naturale ed encomiabile mancanza di presunzione, non hai mai preteso di ergersi a giudice degli altri, né tantomeno di dar lezione a chicchessia. Con la precisione scientifica del chirurgo Pierino diventa un attento indagatore e si dedica alla ricerca non solo delle radici umane, ma anche e soprattutto delle finalità della vita, dell’esistenza dell’uomo, dell’universo intero ed, allo stesso tempo esplora il profondo ed oscuro mistero della morte…Il nostro Pierino è un uomo impegnato di una razionalità maschia, quadrata, forgiata nella concretezza in una realtà che affonda le sue radici nella notte dei tempi ed è, pertanto, rappresentante di una civiltà che è il vanto della nostra società di provincia, del nostro ambiente culturale che, dal passato trae continuamente la linfa vitale per esister ed andare avanti».
Un evento che ha coinvolto emotivamente la platea creando riflessioni, ricreando frammenti di ricordi collettivi, una narrazione della storia del territorio. Un momento reso ancor più suggestivo dalla declamazione del poeta Enzo Bacca delle poesie, appartenenti alla silloge di Pietro Picucci, intercalate tra gli interventi.
Una chiosa forte e volitiva, è pervenuta proprio dal protagonista Pietro Picucci:
«La poesia è un po’ strana, poeta ci si nasce, ma ci si diventa anche. Ma la poesia cos’è? In fondo la poesia diventa una terapia umana, ed è una terapia importante, ci lascia vivere e ci lascia lo spazio del sogno, noi siamo dei grandi sognatori. Come nasce la poesia? In tanti me lo chiedono. La poesia è uno spruzzo, una scossa elettrica, la tieni, la prendi, l’appunti e la rivedi.
Io scrivo per me stesso, perché è come una terapia, ma per gli altri come deve essere la poesia? Se leggo una poesia e non suscita sentimento allora si cade nella banalità, nel ridicolo, allora che ho scritto, a che serve? Essa deve trasmettere emozioni, la poesia deve essere uno stimolo a vivere, a vivere in un certo modo anche prepotentemente, al di là della realtà, a sognare, perché l’uomo ha bisogno di sognare ed il sogno è fondamentale perché ci lascia vivere, ci rende indipendenti, è una terapia!»